
“Buon compleanno Mr. Grape” di Lasse Hallstrom (1993)
Gibert, interpretato da un giovanissimo Johnny Depp, è un ragazzo alla soglia dell’età adulta che, a seguito del suicidio del padre, mosso da uno schiacciante senso di responsabilità, sembra aver rinunciato ai propri desideri per prendersi cura del fratello Arnie (Leonardo DiCaprio), diciassettenne autistico affetto da ritardo mentale, e della madre. Quest’ultima dalla morte del marito si rifiuta di uscire di casa, abbandonandosi ad un crescente stato di obesità che minaccia, metaforicamente, di far crollare il pavimento (le fondamenta emotive) della famiglia; condizione sofferta che le consente tuttavia di mantenere un controllo asfissiante su Gilbert, Arnie e le altre due figlie.
In tale contesto affettivo, il processo di individuazione di Gilbert pare arrestato; la maschera di ‘martire’ la quale unica aspirazione è divenire una ‘brava persona, affidabile, che non delude mai’, così necessaria nell’aggirare tanto il dolore della perdita del padre quanto la delusione, il disgusto, la vergogna e la rabbia nei confronti di una madre che ha abdicato al suo ruolo delegando a lui responsabilità, cela la profonda condizione di rassegnazione del protagonista.
Impossibilitato ad accedere al proprio dolore, e dunque trasformarlo per proseguire nel proprio viaggio, dedica tutto il suo amore al fratello disabile, la quale irresponsabile vivacità sembra rappresentare quella parte vitale alla quale Gilbert ha dovuto rinunciare nel divenire precocemente adulto.
L’incontro con Becky, sconosciuta solo di passaggio in città, darà luogo ad un conflitto tanto interiore quanto intrafamiliare, che si dimostrerà prezioso per il protagonista nel recupero della propria Anima.