“Cambiare l’acqua ai fiori” di Valérie Perrin (2018)

Violette è una bambina orfana che, non avendo mai incontrato il desiderio dei suoi genitori, vediamo, nello scorrere della trama,  crescere tra rigide famiglie affidatarie.

Raggiunta la maggior età, il lavoro di guardiana di un cimitero dove si dedicherà alla cura dei fiori le consentirà l’affitto di un modesto appartamento vicino al composanto. Tra quelle mura raccoglierà le storie di altri, sconosciuti, che a lei si rivolgeranno in cerca di ascolto, ristoro, testimonianza.

Di visitatore in visitatore la protagonista scoprirà i segreti di un’umanità variopinta, celati dietro l’apparenza. In una splendida allegoria botanica, seguiamo la manutenzione continua che la protagonista presta nella ricerca di senso alla propria esistenza nell’apertura all’altro, incarnando la capacità di cogliere l’armonia tra perdita/lutto e ricordo, memoria e oblio.

Per quanto arida sia stata, a tratti, la sua vita, Violette dimostra l’importanza di coltivare il proprio desiderio, con speranza e fiducia, attraverso le avversità, mantenendo sempre una porta aperta all’incontro con l’ignoto.

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