
“Carnage” di Roman Polański (2011)
Tratto dalla pièce teatrale “Le Dieu du Carnage” (“Il Dio del Massacro”) questo film di Roman Polanski, ambientato quasi interamente tra le mura di un appartamento di un sobborgo di New York, ha una trama all’apparenza molto semplice.
Due coppie di genitori si incontrano per risolvere una lite scoppiata tra i rispettivi figli undicenni, con l’intento di un confronto cordiale e civile che precipita tuttavia ben presto in un’escalation di ostilità.
Se da un punto di vista sociologico il messaggio veicolato è inerente ad una denuncia dell’ipocrisia e dell’inconsistenza delle convenzioni sociali, sotto le pieghe delle quali si cela la natura violenta dell’essere umano, il film offre anche preziosi spunti psicologici.
In un’ora e mezza di dialogo serrato, in cui si sviluppano fragili alleanze temporanee (coppia vs coppia/uomini vs donne/idealisti vs pragmatici), ciò che risalta nell’atmosfera tragicomica, a tratti grottesca, è l’assenza di una reale comunicazione. Ciascuno parla del proprio mondo interiore, usando l’interlocutore solo nella funzione di supporto delle proprie proiezioni, senza ascoltare o essere realmente ascoltato.
Nello scenario claustrofobico venutosi a creare, l’abbondanza di parole cela la drammatica assenza di un incontro reale. Spetterà ai figli, attraverso il gioco, ricomporre ciò che per gli adulti pare irresolubile.