Celiachia: solo una questione alimentare?

Quell’agente patogeno, mille volte più

virulento di tutti i microbi, 

l’idea di essere malati.

Marcel Proust

All’interno della società sono sempre più diffuse notizie sulle intolleranze e allergie alimentari che fino a qualche anno fa non erano conosciute. Si differenziano per tipologia di sintomatologia e di ricadute sull’organismo che l’assunzione di un determinato alimento può avere sulle persone che ne sono affette. Tra i vari discorsi sulle problematiche alimentari, le quali portano alla modificazione in parti più o meno consistenti l’alimentazione, si inseriscono pure i discorsi relativi alla celiachia.  

La celiachia è un’intolleranza permanente alla gliadina, contenuta nel glutine, un insieme di proteine presenti nel frumento, nell’orzo, nella segale e in molti altri cereali. La sintomatologia relativa a questa intolleranza è varia e si presenta quando una persona affetta da celiachia assume alimenti contenenti glutine.  Attualmente l’unica terapia disponibile per evitare la comparsa dei sintomi e il possibile aggravarsi della situazione sanitaria delle persone che ne sono affette è la dieta senza glutine. L’aderenza a tale dieta prevede l’assunzione di prodotti senza glutine, ma richiede anche di prestare attenzione alla necessità che il processo di preparazione di un pasto non presenti delle contaminazioni crociate. Le contaminazioni apportano una quantità di glutine indefinita alla pietanza rendendola così non più idonea all’assunzione da parte di una persona affetta da celiachia.  

Al giorno d’oggi la celiachia riguarda circa l’1% della popolazione nazionale e mondiale e si pone come una modificazione della quotidianità di chi riceve la diagnosi. Soprattutto per chi non nasce con questa intolleranza permanente, la diagnosi di celiachia segna una linea di confine tra le abitudini alimentari avute fino a quel momento e il cambiamento che subiranno e che dovrà essere portato avanti per tutta la vita. Il perseguimento della dieta senza glutine investe a 360° la vita di una persona: se si trova fuori casa dovrà cercare anticipatamente locali che tengono prodotti senza glutine e che conoscono la problematica per evitare che anche la preparazione di una semplice insalata porti alla presenza di contaminazioni. Allo stesso modo dovrà cambiare modalità di fare la spesa rivolgendosi ai rivenditori specializzati per la ricerca di determinati prodotti che al supermercato non si trovano, leggere le etichette di una gran parte di prodotti che potrebbero sembrare naturalmente privi di glutine e spiegare alle persone che conosce come preparare un pasto senza glutine. La celiachia viene, infatti, definita “malattia sociale” all’interno delle “Norme per la protezione dei soggetti malati di celiachia” in quanto si tratta di un’intolleranza che impatta anche sulle situazioni sociali in cui si inserisce la persona. 

Che cosa può rappresentare la celiachia per una persona che ne è affetta? 

La celiachia può portare la persona a rielaborare una nuova definizione di sé sulla base della diagnosi ricevuta, che porta a toccare con mano, forse per la prima volta, il concetto di “diversità”. Sulla base dell’età a cui avviene la diagnosi, possono essere diverse le situazioni in cui si sperimentano sensazioni di disagio a causa della percezione di avere qualcosa di diverso dagli altri. Che sia in famiglia, a scuola, a lavoro o tra gli amici il confronto con gli altri porta a rimarcare quello che può essere vissuto come “stigma” (Goffman, 2003), come una caratteristica per la quale essere giudicati. Nel caso in cui la persona si interfacciasse con qualcuno che non conosce, potrebbe cercare di controllare l’informazione per nascondere la celiachia a causa della paura di poter essere rifiutato per questa caratteristica. 

Se viene vissuta in questo modo, la celiachia può diventare anche una questione psicologica in quanto può portare a provare degli stati d’ansia soprattutto legati alle situazioni di sociali. Durante i pranzi di famiglia o con gli amici possono essere diversi i commenti che vengono fatti verso una persona affetta da celiachia, quali ad esempio “per una volta cosa vuoi che succeda”, “delle briciole cosa possono fare” e “sei esagerato dovresti lasciar perdere le contaminazioni”. Queste situazioni possono mettere a dura prova chi già sta facendo lo sforzo di accettare l’intolleranza con la quale deve convivere per tutta la vita. Stati d’ansia si possono provare anche per la forte paura di assumere qualcosa di contaminato soprattutto quando si consuma un pasto fuori casa, portando addirittura alla scelta di non consumare dei pasti preparati da qualcuno di diverso dalla persona affetta da celiachia. Nei casi più gravi l’evitamento del cibo, lunghi digiuni, può avvicinarsi a disturbi alimentari quali l’anoressia e per tal motivo non vanno sottovalutati. La paura del giudizio può invece portare la persona affetta da celiachia a evitare le situazioni sociali, preferendo la consumazione di un pasto in casa e non al ristorante con gli amici. Se questa condizione viene protratta per lunghi periodi può far vivere alla persona degli stati depressivi che la porteranno ad isolarsi ed estraniarsi dagli altri. 

Queste sono alcune delle ricadute psicologiche della gestione della celiachia e della dieta senza glutine che consentono di esplicitare quanto sia importante il supporto psicologico, non solo per l’accettazione della diagnosi e del cambiamento delle abitudini alimentari, ma anche per affrontare quelle situazioni sociali che possono far vivere la celiachia come uno “stigma”. 

Si invita a prendere visione del progetto che CareMind offre per le persone affette da celiachia e ai loro familiari nel link riportato di seguito. 

Bibliografia: 

Decreto legislativo n° 123 del 7 luglio 2005, G. U. N.156 

Goffman E., (2003), Stigma. L’identità negata, Ombre Corte

Saturni L., Ferretti G., Bacchetti T., (2010), The Gluten-Free Diet: Safety and NutritionalQuality. Review, Nutrients, volume 2, issue 1.