“Detachment – il distacco” di Tony Kaye (2011)

Autentico e crudo, ‘Detachment’, capolavoro di Tony Kaye, regista di American History X (1999), è molto più che un “film sulla scuola”.

I nuclei tematici della pellicola sono infatti inerenti il trauma, l’automatica riproduzione di quanto non soggetto a elaborazione e la relazione di cura. Nell’arco di un mese di supplenza, il melanconico Prof. Barthes, interpretato da un magistrale Adrien Brody, in virtù della propria personale storie di dolore, riuscirà a guadagnarsi la stima di adolescenti sofferenti, provocatori, dati ormai per irrecuperabili.

In un alternarsi di piani temporali, senza enfasi o retorica, il film mostra gli sforzi del Prof. Barthes di gestire il proprio trauma infantile, facendosi carico del dolore altrui (adolescenti in condizioni di marginalità, una prostituta bambina, il padre a cui è ambivalentemente legato), sui quali sono proiettati parti sofferenti di sé. 

È nell’incontro con Meredith, allieva dotata, portatrice di un forte disagio psicologico connesso all’internalizzazione della voce di un padre disprezzante, che l’inconsistenza del ruolo paterno verrà svelata quale il nucleo tragico che accomuna la catena traumatica che si dipana nella pellicola.

In questa cornice drammatica, il Prof Barthes, la quale impossibilità di legarsi in maniera duratura rappresenta il prezzo psicologico del trauma attraversato, si fa implicitamente messaggero di come l’accesso al mondo simbolico della cultura, ed in particolar modo della lettura di opere in cui riconoscere il proprio dolore rendendolo condivisibile, rappresentino preziose risorse di salvezza.