“Euphoria” di Sam Livinston (2019)

Scritta e diretta dal regista Sam Livinston, la serie tv “Euphoria” è un manifesto crudo, a tratti respingente, della generazione Z (“nativi digitali”). Incentrata sul personaggio della giovane Rue (Zendaya), tornata al liceo dopo un’estate trascorsa in un centro di riabilitazione a seguito di un’overdose, la serie sviscera le dinamiche interiori e relazionali annesse alle dipendenza da sostanze in adolescenza.

“Euphoria” non rappresenta tuttavia un semplice scorcio sulla tossicodipendenza; prendendo le mosse dalle vicende di Rue e dall’intreccio con quelle dei suoi coetanei, allo spettatore è offerta una “visione senza filtri” di una generazione apparentemente indecifrabile.

Incarnando le tematiche che astrattamente riempiono le cronache quotidiane, dipendenza affettiva, body shaming, bullismo, devianza e trasgressioni sessuali in adolescenza, lungi dall’essere fenomeni isolati, formano in questa serie un ritratto meno distante dalla realtà di quanto possa essere conveniente pensare.

Preziosa per gli spunti di comprensione che veicola, “Euphoria” è una produzione sul mondo dei teenager pensata per un pubblico di adulti, volta a scardinare, in maniera perturbante, l’indifferenza verso le variegate forme di sofferenza adolescenziale e sul bisogno di riconoscimento in esse celato.