Il titolo del breve saggio scritto da Paul Watzlavick, noto filosofo e psicologo australiano, ne anticipa il contenuto volutamente paradossale. Rintracciando nell’ossessione per la felicità un tarlo millenario dell’umanità e constatando l’abbondanza di “inutili testi volti a garantire al lettore il raggiungimento di una beatitudine sopravvalutata”, l’autore, usando ironicamente l’espediente di un manuale d’indicazioni su come rendersi infelici, mette in luce il ruolo giocato dalle distorsioni cognitive, con cui quotidianamente filtriamo la realtà, nel contribuire ad una vita insoddisfacente.
“Perseguire obbiettivi irraggiungibili”, “analizzare con metodica diffidenza ogni propria relazione interpersonale”, “considerare un problema dal nostro unico punto di vista”, “scansare le questioni rendendole, nella nostra immaginazione, enormi”, “rimanere rigidamente fedeli a sé stessi ed al passato”; queste alcune delle sarcastiche ricette per la realizzazione di profezie autoavveranti (eventi che, una volta realizzatisi, confermano, rinforzandole, le convinzioni irrazionali da cui hanno avuto origine).
Tra le pagine di questo breve libro risalta l’importanza attribuita dall’autore al ruolo giocato dalla comunicazione, in particolar modo quella paradossale (es: “sii spontaneo!”), nel determinare conflitti nelle relazioni. Lungi dalla pretesa di scardinare meccanismi radicati, il breve saggio rappresenta tuttavia un’occasione per riconoscerli ed averne maggior consapevolezza.
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