“L’arminuta” di Donatella Di Pietrantonio (2017)

Cresciuta fino ai 13 anni in un contesto agiato, in quella che considerava essere la sua vera famiglia,        l’Arminuta (in dialetto abruzzese “la ritornata”), viene improvvisamente allontanata dai propri affetti, dalla città e dalle proprie abitudini. Nessuna spiegazione le viene offerta a giustificare la crudele, insopportabile frattura che la vede costretta a fare ritorno presso l’abitazione dei suoi genitori naturali, della quale esistenza era fino a quel momento all’oscuro.

La sensazione d’isolamento e d’estraneità dettata dall’ingresso in un nucleo familiare indigente, popolato da figure dal carattere rude e in apparenza malevolo, sarà lenita dalla progressiva intimità che verrà a crearsi con Adriana, sorellina minore, grezza ma sensibile, con la quale dividerà il letto in cui ogni notte l’assalgono fantasmi e sconforto. 

Con una scrittura spigolosa e cruda, Donatella Di Pietrantonio firma un romanzo che “tocca corde profonde”, tra le quali pagine si annida il dolore di una separazione che rende la protagonista doppiamente orfana, lo choc e i cocenti dubbi sulle proprie responsabilità in merito.

Tra spiegazioni illusorie imbastite per non soccombere sotto il peso della malinconia, che nel finale riveleranno la propria inconsistenza, il romanzo getta luce su quanto sia la mancanza di significato a rendere traumatico un evento, illuminando tuttavia il bisogno di rapporti emotivamente sinceri nel ricomporre i frammenti della propria esistenza.

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