“Sono il vuoto, non sono diverso dal vuoto, né il vuoto è diverso da me. In realtà il vuoto sono io”
J. Kerouac
Se quando Fabiola De Clercq scrisse “Tutto il pane del Mondo” – 1993, era rivoluzionario parlare di anoressia, o di bulimia, ed era quasi folle esporsi al mondo come donna che per un percorso di sofferenza si stava autodistruggendo, oggi sembra che di disturbi alimentari si possa di certo parlarne. Sono molte le testimonianze soggettive di donne e uomini, più o meno giovani, che raccontano la propria esperienza, come fece all’epoca Fabiola De Clercq. Io ho avuto l’onore di conoscerla durante la mia formazione ABA in un corso a Milano. Anni fa. Mi trovai di fronte ad una donna volitiva, determinata, forte. Estremamente forte. Con un velo di celata rabbiosa tristezza che sembrava muovere il desiderio di cura per sé, per le altre donne e per il dolore in generale. Non è scopo del nostro sito fare un trattato sui DCA.
Vorrei solo che si sapesse che ci sono delle cose comuni ai disturbi alimentari e cose così uniche e specifiche di ogni sofferenza che ne rendono la trattazione molto complessa.
Le cose comuni potremmo dire che riguardano gli opposti, le dicotomie:
La dialettica del dicotomico è ciò che caratterizza il cuore che soffre di questi disturbi. In ognuno di essi il desiderio si esplica in due opposti e l’anima traballa oscillando tra questi alla ricerca di un “unico” (per alcuni perfetto) che non esiste e che diventa la ricerca affannata di un qualcosa che non c’è.
Il desiderio tuttavia è presente. È solamente dirottato verso un principio di distruzione.
La vera cosa che manca in ogni situazione è la totale assenza di possibilità di essere LIBERI nella scelta autodeterminante. Il complesso sistema di elaborazione dell’asse cibo/corpo/vita è talmente rigido che non si è più NON condizionati nel poter vivere la propria esistenza. Si viene totalmente definiti, determinati e pilotati dal pensiero del cibo, del corpo e delle loro conseguenze sul resto della propria vita. Ecco perché il carattere vero di un disturbo alimentare è la dipendenza. Senza avere il lusso o la possibilità di dover faticare a procurarsi l’oggetto della propria “droga”.
Le cose che diversificano invece la sofferenza caratterizzante il cibo/corpo e che non dovremmo mai dimenticare sono:
Altri spunti da tenere a mente sono:
L’ottica della presenza, del legame, dell’introspezione, della comprensione, dell’astinenza del giudizio e del recupero di una certa dimensione del desiderio e di una certa familiarità con il riflesso autonomo allo specchio, sono per la scrivente delle dimensioni centrali nella possibilità di superamento dell’inferno del male del cibo/corpo/mente.
L’approccio è assolutamente multidisciplinare, e totalmente personalizzato.
Ci possiamo avvalere di:
Non ci avvarremo MAI di metodi coatti di ri-educazione alimentare o farmacologica.
Ebbene…. Questi sono solo alcuni spunti di riflessione per far comprendere come io e noi vogliamo approcciarci al sempre più grande mondo dei Disturbi del Comportamento Alimentare che elencherò qui di seguito secondo l’ultima classificazione vigente (DSM – V). Può sembrare asettica e fredda (forse lo è), ma non è mia intenzione usare altre parole se non quelle che si trovano in qualsiasi sito medico per definire questi problemi incasellandoli e classificandoli.
(Fonti: American Psychiatric Association. Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing, 2013. Edizione italiana: Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Milano: Raffaello Cortina, 2014.
Quinta edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5): quali sono le novità riguardanti i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione? – Prof. Riccardo Dalle Grave)
Le prime tre riguardano soprattutto i disturbi della nutrizione dell’infanzia
La caratteristica essenziale del pica è l’ingerire uno o più sostanze non nutritive e non alimentari per un periodo di almeno un mese. Le sostanze tipicamente ingerite variano in base all’età e alla disponibilità e possono includere carta, sapone, capelli. Il termine “non nutritive” è stato incluso perché la diagnosi di pica non va applicata quando sono ingeriti prodotti alimentari che hanno un contenuto nutrizionale minimo. Tipicamente non c’è avversione nei confronti del cibo in generale. Inoltre, l’ingestione di sostanze non nutritive e non alimentari deve anche essere inappropriata rispetto al livello di sviluppo dell’individuo e non deve fare parte di una pratica culturalmente sancita. Se il comportamento alimentare si manifesta nel contesto di un altro disturbo mentale o condizione medica, si pone diagnosi di pica solo se l’ingestione di sostanze non nutritive e non alimentari sufficientemente grave da giustificare un’attenzione clinica aggiuntiva.
I criteri diagnostici DSM-5 del pica sono i seguenti:
In remissione: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per la pica, i criteri non sono stati soddisfatti per un consistente periodo di tempo
Il disturbo di ruminazione richiede il rigurgito di cibo, che può essere rimasticato, deglutito nuovamente o sputato, per almeno 1 mese, che il rigurgito non sia attribuibile a una condizione gastrointestinale associata o ad altra condizione medica, che non si manifesti durante il decorso di altri disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e che se i sintomi si manifestano nel contesto di un altro disturbo mentale essi devono essere sufficientemente gravi da giustificare un’attenzione clinica aggiuntiva.
I criteri diagnostici DSM-5 del disturbo di ruminazione sono i seguenti:
In remissione: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per il disturbo di ruminazione, i criteri non sono stati soddisfatti per un consistente periodo di tempo.
La maggiore categoria diagnostica di questo disturbo, che può essere riscontrato anche negli adulti, è l’evitamento o la restrizione dell’assunzione di cibo per tre motivi principali:
L’evitamento o la restrizione producono un persistente fallimento di soddisfare le necessità nutrizionali e/o energetiche appropriate determinando una o più delle seguenti 4 conseguenze:
I criteri diagnostici DSM-5 del disturbo da evitamento/restrizione dell’assunzione di cibo sono i seguenti:
In remissione: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione, i criteri non sono stati soddisfatti per un consistente periodo di tempo.
I criteri diagnostici DSM-5 dell’anoressia nervosa sono i seguenti:
Tipo con restrizioni: Durante gli ultimi 3 mesi, l’individuo non ha presentato ricorrenti episodi di abbuffate o condotte di eliminazione (per es., vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi). In questo sottotipo la perdita di peso è ottenuta principalmente attraverso la dieta, il digiuno e/o l’attività fisica eccessiva.
Tipo con abbuffate/condotte di eliminazione: Durante gli ultimi 3 mesi, l’individuo ha presentato ricorrenti episodi di abbuffata o condotte di eliminazione (cioè, vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).
In remissione parziale: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per l’anoressia nervosa, il Criterio A (basso peso corporeo) non è stato soddisfatto per un consistente periodo di tempo, ma sia il Criterio B (intensa paura di aumentare di peso o diventare grassi o comportamenti che interferiscono con l’aumento di peso) sia il Criterio C (alterazioni della percezione di sé relativa al peso e alla forma del corpo) sono ancora soddisfatti.
In remissione completa: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per l’anoressia nervosa, non è stato soddisfatto nessuno dei criteri per un consistente periodo di tempo.
Livello di gravità attuale
I criteri diagnostici DSM-5 della bulimia nervosa sono i seguenti:
In remissione parziale: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per la bulimia nervosa, alcuni, ma non tutti, i criteri sono stati soddisfatti per un consistente periodo di tempo.
In remissione completa: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per la bulimia nervosa, nessuno dei criteri è stato soddisfatto per un consistente periodo di tempo.
soddisfatti, nessuno dei criteri è stato soddisfatto per un periodo prolungato di tempo.
Livello di gravità attuale
I criteri diagnostici DSM-5 del disturbo da binge-etaing sono i seguenti:
In remissione parziale: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per il disturbo da binge-eating, gli episodi di abbuffata si verificano con una frequenza media di meno di un episodio a settimana per un consistente periodo di tempo.
In remissione completa: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per il disturbo da binge-eating, nessuno dei criteri è stato soddisfatto per un consistente periodo di tempo.
Livello di gravità attuale
Questa categoria si applica a presentazioni in cui i sintomi caratteristici di un disturbo della nutrizione e dell’alimentazione che causano un significativo disagio o un danno nel funzionamento sociale, occupazionale o in altre importanti aree predominano ma non soddisfano i criteri pieni per qualsiasi dei disturbi della classe diagnostica dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione.
Questa categoria si applica a presentazioni in cui i sintomi caratteristici di un disturbo della nutrizione e dell’alimentazione che causano un significativo disagio clinico o un danno nel funzionamento sociale, occupazionale o in altre importanti aree predominano, ma non sono soddisfatti i criteri pieni per qualsiasi dei disturbi nella classe diagnostica dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione.
Sempre più di frequente esistono delle categorie che non sono ancora inserite nel DSM V ma che trovano ormai un loro interesse tanto da essere citate:
Io è tanti
e c’è chi crolla
e chi veglia
chi innaffia i fiori
e chi beve troppo
chi dà sepoltura
e chi ruggisce.
C’è un bambino estirpato
e una danzatrice infaticabile
c’è massacro
e ci sono ossa
che tornano luce.
Qualcuno spezzetta immagini
in un mortaio,
una sarta cuce
un petto nuovo
ampio
che accolga la notte,
il piombo.
Ci sono parole ossute
e una via del senso
e una deriva,
c’è un postino sotto gli alberi,
riposa
e c’è la ragione che conta
i respiri
e non bastano
a fare tempio.
C’è il macellaio
e c’è un bambino disossato
c’è il coglitore
di belle nuvole
e lo scolaro
che nomina e non tocca,
c’è il dormiente
e l’insonne che lo sveglia
a scossoni
con furore
di belva giovane
affamata di sembianze.
Ci sono tutti i tu
amati e quelli spintonati via
ci sono i noi cuciti
di lacrime e di labbra
riconoscenti. Ci sono
inchini a braccia spalancate
e maledizioni bestemmiate
in faccia al mondo.
Ci sono tutti, tutti quanti,
non in fila, e nemmeno
in cerchio,
ma mescolati come farina e acqua
nel gesto caldo
che fa il pane:
io è un abbraccio.
Chandra Livia Candiani
da “La bambina pugile”, Einaudi 2014
Un regalo di una mia ragazza, di una mia giovane donna ingabbiata che sta lottando per la sua libertà. Grazie ANNA.
Massimo Recalcati
L’anoressia è una sorta di patema d’amore e quindi, se c’è un masochismo femminile nell’anoressia, potremmo pensare a questo masochismo femminile come a una scrittura radicale del discorso amoroso, un patema d’amore, insomma.
(…) un episodio legato a una conduzione della cura con una paziente anoressico-bulimica molto grave di circa 30 anni che aveva, da diversi anni ormai, un rapporto col cibo da tossicodipendente. C’è un momento dei preliminari di questa cura che mi sembra rilevante: accade per una circostanza particolare che io arrivi in studio con circa 2 ore di ritardo e non trovo la paziente; al posto della paziente però trovo un biglietto dove lei mi scrive che ha percepito la mia mancanza in un modo diverso rispetto alla mancanza del cibo, cioè non l’ha percepita allo stomaco. Quindi un incontro mancato ha aperto un vuoto, ma l’ha aperto non nello stomaco, non nel corpo anatomico, ma nel desiderio.
È un vuoto che potremmo chiamare un “vuoto d’amore” e che ha permesso a questa paziente, intanto, di non ricorrere all’abbuffata bulimica e poi di portare una metafora: l’analista in quanto oggetto è mancato tanto quanto prima mancava il cibo, dunque un significante ha preso il posto di un altro significante e ha reso possibile una costruzione metaforica.
Il problema della cura analitica con questi pazienti è proprio quello di rendere possibile la costruzione di una metafora, laddove l’identificazione con l’anoressia (chi vede questi pazienti sentirà un discorso monotono: “io sono anoressico”) è così massiccia da rendere impossibile l’articolazione di un elemento metaforico. Sull’”io sono anoressica” il discorso si chiude, non si articola; è necessario introdurre una metafora.
La metafora è una metafora d’amore, in fondo, perché l’illusione dell’anoressia credo sia quella di anatomizzare il vuoto, di costruire una specie di topologia ingenua perché il vuoto che accompagna l’essere umano non è nello stomaco, è un vuoto più radicale, che Lacan ha chiamato “mancanza a essere”, quindi un vuoto che accompagna l’esistenza umana come tale.
Farò due osservazioni molto rapide. La prima riguarda un concetto molto noto in psicoanalisi, quello del Super-io, e la seconda sarà una ripresa di questo tema dell’amore.
Intanto una puntualizzazione sul masochismo: quando Freud inventa la psicoanalisi compie due passaggi fondamentali; il primo passaggio, che è il passaggio fondativo della psicoanalisi, è quello di affermare che il soggetto in quanto umano è diviso, e dunque è l’esistenza dell’inconscio: lo psichico, dice Freud, non esaurisce la coscienza.
È la prima grande rottura con la tradizione psicologica e filosofica occidentale.
C’è però una seconda rottura che mi sembra fondamentale per comprendere il campo della clinica della psicoanalisi. E cioè: non solo il soggetto è diviso, è barrato, come dice Lacan, ma, dice Freud, il soggetto è costitutivamente contro sé stesso e chiama “masochismo” questo essere contro se stesso del soggetto. Freud attribuisce al masochismo un carattere primordiale, originario; quindi, non è un accidente che il soggetto vada contro sé stesso, ma è costitutivo dell’essere umano essere abitati da quella che Freud chiamerà “pulsione di morte”, una spinta autodistruttiva che porta il soggetto a essere contro se stesso. Questo è il passo più inaudito che Freud compie e l’osservazione può essere riportata alla quotidianità: si può notare come per lo più gli esseri umani fanno di tutto per stare lontani dal proprio bene e procurarsi la sofferenza. Ciò che c’è di più caro nell’essere umano, e che potremmo chiamare “il desiderio”, non sempre ottiene il consenso del soggetto; questa negazione del desiderio è ciò che Freud chiama “masochismo”.
(…) Passo al secondo aspetto che volevo trattare: il masochismo femminile dell’anoressia è un masochismo fondamentalmente legato all’amore. Riprendo una frase molto nota di Lacan che definisce l’amore come “dare all’altro quello che non si ha”: questo vuol dire che il discorso amoroso non è del registro dell’avere, amare non vuol dire dare a qualcuno qualcosa che si ha, dunque non è nel registro dello scambio, non è un dare cose. L’amore non è un oggetto, non è una cosa. Piuttosto, al contrario, l’amore è un non-oggetto, una non-cosa.
E ancora: nell’amore non c’è reciprocità. È la frana dell’illusione romantica della reciprocità: per Lacan, se l’amore è dare a un altro quello che non si ha, è rotta ogni reciprocità possibile nel discorso amoroso.
(…) Potremmo dire che la domanda d’amore non è mai una domanda di qualcosa, ma è una domanda di segni, cioè una domanda che l’altro mostri dei segni che io gli manco.
Amare qualcuno significa cercare nell’altro i segni della nostra mancanza, quindi aprire un buco nell’altro. E allora l’anoressica che rifiuta il cibo cerca di smuovere l’altro, un altro che ha interpretato la domanda d’amore nei termini di una semplice domanda di cose e ha risposto alla domanda d’amore rimpinzando il soggetto di cibo (…)