“Una stanza può essere appunto una stanza: quattro pareti,
un soffitto, almeno una porta, mobili, oggetti, quadri appesi. Una funzione:
cucina, camera da letto, soggiorno, studio. Ma una stanza può anche essere un
mondo, e uno stato della mente. Certamente la cosiddetta <stanza della
psicologa> risponde a entrambe le definizioni. Di quella stanza non ricordo
molti dettagli nonostante l’abbia frequentata per anni ogni settimana. C’erano
una poltrona, scaffali carichi di libri ordinati ma non nel modo freddo in cui
tengono in ordine i libri quelli che non li tirano mai fuori dal loro posto,
dopo che li hanno letti. Ho memoria di lei, certo, perché ogni volta che arrivavo
lei mi accoglieva con un sorriso. Nel suo biondo e oro di capelli e sguardo.
Uno sguardo al quale nel corso del tempo si sarebbero aggiunte note di
tristezza legate alla sua vita, che procedeva parallela alla mia e da cui non
erano esclusi l’abbandono, la solitudine, la paura e la morte, come invece ci
serve immaginare di coloro che si fanno carico a pagamento del nostro mal di
vivere”.
(tratto dal libro Parla, Mia Paura)
Un’esperienza autobiografica, che assume una valenza universale. L’ansia, il panico, la depressione spesso restano uniti, solo accettando di condividere l’esperienza si sopravvive.
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