Depressione e demenza: che relazione?

 Molti sono i luoghi comuni che ruotano intorno alla terza età: vissuti di tristezza, lentezza, una certa smemoratezza o distraibilità. Oggi sappiamo che questi concetti si configurano come veri e propri stereotipi e che invecchiare sereni e in salute è non solo possibile, ma neanche così raro. Purtroppo, come tutti gli stigmi, l’idea che nella terza età sia normale perdere qualche colpo porta spesso a sottovalutare quelle situazioni in cui intervenire è opportuno. Dopo i 65 anni infatti sono numerosi i cambiamenti cui adattarsi e talvolta potrebbero rappresentare un fattore importante per un calo dell’umore, fino alla depressione. Oppure, durante l’invecchiamento si è più predisposti all’insorgenza di tutte quelle malattie degenerative, che spesso iniziano proprio con un cambiamento negli affetti e nelle abitudini di vita.

“Da quando è in pensione mio marito ha iniziato ad isolarsi, non vuole più incontrare i suoi amici e ha perso interesse nei confronti di attività che prima gli piacevano. In più, nell’ultimo periodo gli è capitato anche di sbagliare strada in macchina e mi ha telefonato sconfortato perché non riusciva più a capire dove fosse finito.”

“Mia zia ultimamente sembra sempre lasciare le cose a metà: inizia a fare qualcosa e poi se ne dimentica oppure non riesce a ricordare quello che le ho detto poco prima. Sembra distratta, che non ascolti e farglielo notare è difficile perché come se ne accorge diventa triste.”

“Da qualche tempo mi sento come più rallentato. Non ho tanta voglia di uscire di casa o vedere qualcuno…è che sono spesso triste e mi capita di piangere e me ne vergogno. Poi mi sembra di fare anche fatica a ricordare le cose. Ieri ho fatto bruciare il caffè, ad esempio!”

Questi, sono alcuni esempi indicativi di una condizione di malessere che può configurarsi tanto come un disturbo dell’umore quanto come un inizio di demenza. Cerchiamo di fare quindi un po’ di chiarezza.

Esiste un rapporto stretto fra funzioni cognitive ed umore. Da un lato, l’umore depresso influenza la nostra cognizione e può essere quindi accompagnato da smemoratezza, rallentamento (o agitazione) psicomotorio e distraibilità. Nell’anziano in particolare capitano anche più frequentemente episodi di disorientamento spazio – temporale (ad esempio, non si riesce a trovare la macchina nel parcheggio), tanto che per queste situazioni viene usato il termine pseudodemenza. Dall’altro lato, l’inizio del decadimento cognitivo è spesso anticipato da un isolamento della persona, apatia e umore triste, che peggiora con l’aggravarsi dei sintomi cognitivi e le prime perdite di autonomia. Solitamente, rispetto a chi ha un disturbo cognitivo, l’anziano depresso lamenta di più le sue perdite di memoria ed è maggiormente consapevole delle proprie difficoltà e del proprio umore. Inoltre, solitamente i sintomi cognitivi nelle demenze tendono a peggiorare la sera mentre restano stabili in caso di depressione. Ciononostante, saranno solo gli esami corretti a distinguere le condizioni.

Sono necessarie una buona anamnesi, degli esami strumentali (come la TAC) e dei test psicometrici che evidenzino un declino o una stabilità nelle funzioni cognitive rispetto ad un periodo precedente. È importante quindi intervenire per tempo. Se notiamo che un nostro caro lamenta delle difficoltà di concentrazione o ha cambiato le sue abitudini di vita e appare più triste, contattiamo subito il nostro medico di Base e uno psicologo per gli approfondimenti adeguati. L’intervento tempestivo è fondamentale e di grande aiuto. 

Per approfondire il rapporto fra demenza e depressione, vi invitiamo a leggere l’articolo al link:

Link: https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/neuroscienze/la-depressione-nellanziano-e-un-segno-premonitore-della-demenza