Disabilità & Sessualità: alcune note a margine sul tema

La saggezza è saper stare con la differenza senza voler eliminare la differenza

G. Bateson

Il “mondo della disabilità” è immenso e sfaccettato. Storicamente, è stato un mondo spesso negato, taciuto, nascosto, talvolta incompreso, quasi temuto. E nonostante i passi avanti, piccole aperture e rivoluzioni culturali, è innegabile che ancora oggi si fatichi a vedere la Persona prima della sua disabilità. Quando poi si inizia a parlare di sessualità e affettività, specie in termini di “diritti”, le cose si complicano ulteriormente e il dialogo sul tema si fa ancora più faticoso.

L’OMS (2010) in merito ai “diritti sessuali” si esprime così:

Il raggiungimento della salute sessuale è legato alla misura in cui i diritti umani vengono tutelati, protetti e rispettati. I diritti sessuali abbracciano i diritti umani che sono già riconosciuti nei documenti internazionali sui diritti umani e in altri accordi, oltre che nelle leggi nazionali […]. I diritti sessuali proteggono i diritti di tutte le persone affinché possano soddisfare ed esprimere la loro sessualità e godere della salute, nel rispetto dei diritti degli altri e in un quadro di protezione contro la discriminazione”.

Citando anche un pensiero espresso dal Professor Lascioli all’interno di una recente intervista(consultabile integralmente al link in calce): “I bisogni affettivi e sessuali sono costitutivi dei processi di crescita, sviluppo e realizzazione personale di ogni essere umano. Tutti noi, infatti, abbiamo bisogno di attribuire un senso e una collocazione a questi bisogni durante i diversi momenti della nostra vita, specialmente da adulti. Nonostante tale evidenza, per molto tempo ha persistito nell’immaginario collettivo l’idea che le persone con disabilità fossero prive di bisogni affettivi e/o sessuali”.

Lascioli prosegue nell’intervista facendo riferimento, in particolar modo, a quelle situazioni in cui si parla comunemente di “disabilità fisiche”; in questa sede vorrei invece dedicare qualche riflessione, sicuramente non esaustiva dell’argomento, rispetto alle “disabilità di tipo cognitivo” che – in modo diverso poi a seconda della complessità – implicano delle considerazioni specifiche. Se nel primo caso prendersi cura del proprio benessere sessuale e affettivo può comportare infattiincapacità/difficoltà nel “fare”, per quanto riguarda il secondo entrano invece in gioco soprattutto fattori legati alle dimensioni di consapevolezza e responsabilità di ciò che si fa/si vorrebbe fare. E non è cosa da poco. Inoltre, si tratta di un tema che spesso tocca da vicino i caregivers, non sempre adeguatamente preparati o supportati ad accogliere, comprendere e gestire i comportamenti legati alla sessualità. Nella pratica clinica riscontriamo, inoltre, come per le famiglie talvolta sia difficile e faticoso persino parlarne (quantomeno inizialmente), o si riesca a farlo rischiando però di configurare alcuni agiti unicamente come “comportamenti problema” perché magari attuati troppo spesso o in contesti socialmente inadeguati (ad esempio, masturbarsi o più semplicemente toccarsi il seno o i genitali in pubblico, ma anche l’avvicinarsi agli altri per abbracciarli).

Succede che in questi casi vengano messe in atto strategie più o meno improvvisate e di buon senso, alcune funzionali altre meno, che passano dal cercare di ignorare il comportamento sperando che si estingua, ad azioni di tipo più coercitivo/punitivo, come bloccare il gesto sul nascere rimproverando nel contempo (non di rado severamente e a prescindere dall’età anagrafica). Anche in questo caso, si tratta di reazioni che a volte parlano del già citato clima socio culturale in cui s’inserisce il dialogo su sessualità/affettività & disabilità, clima fatto ancora di pregiudizi e paure, dove sono in ballo anche difficili questioni etiche e morali, ma in cui, di nuovo, si perde di vista che stiamo parlando sempre di PERSONE. Persone con un corpo che cresce, si sviluppa, ha desideri/pulsioni  ed una sua sensibilità che è anche fonte di piacere. Persone con delle emozioni a cui non sempre riescono a dare un nome e un senso, e che possono essere complicate da gestire nelle modalità socialmente accettabili. 

A proposito di emozioni, va tenuto assolutamente presente che a volte i comportamenti che richiamano la sfera della sessualità, specie se reiterati e ripetitivi quasi con modalità ossessivo-compulsive, possono essere anche espressione di “altro”, come ad esempio strategie di auto-contenimento e gestione dell’ansia. Diventa allora importante imparare a capire cosa sta succedendo, cosa quel comportamento ci sta comunicando, che emozione ci sta dietro. Anche per questo è importante che, oltre ad un accompagnamento di tipo educativo alle persone coinvolte direttamente, la famiglia stessa possa trovare sostegno non solo in termini di strategie adeguate da adottare, ma di aiuto rivolto ad arrivare ad una comprensione più ampia. 

Questo tuttavia vale in generale, non solo rispetto ai temi della sessualità e dell’affettività: se ci si ferma all’idea che “disabilità intellettiva” significa solo agito, pulsione … si rischia di perdersi un mondo comunicativo immenso e ricchissimo. Certo occorre fatica, “imparare una nuova lingua”, ma è un passaggio che nutre il legame e la relazione. E prendersi cura delle relazioni e del mondo affettivo, è anche prendersi cura della sessualità.

Link: https://ilbolive.unipd.it/it/news/eros-disabilita-pregiudizi-ancora-abbattere