
Genitorialità e lavoro: i papà tra il senso di esclusione e la responsabilità di una nuova vita
Ho imparato che quando un neonato stringe per la prima volta il dito del padre nel suo piccolo pugno, l’ha catturato per sempre.
Gabriel Garcia Marquez
La genitorialità e il lavoro sono due mondi che appaiono distanti e che nella vita di molte mamme e papà diventano una sfida: riuscire a organizzare impegni lavorativi, domestici e tempo da dedicare al figlio appena nato. La situazione per le donne e gli uomini non è la medesima in quanto dal punto di vista lavorativo vengono offerte diverse opportunità. Ad esempio, le future mamme, in base al lavoro che svolgono, hanno accesso alla maternità anche dal momento esatto della scoperta della gravidanza, se si tratta di un lavoro ad alto rischio. Questo dà la possibilità alle future mamme di non mettere a rischio la gravidanza e di concentrarsi sulla vita che sta crescendo nel loro corpo. Gli uomini, invece, hanno qualche difficoltà in più a prendersi dei giorni da lavoro per accompagnare la compagna alle visite e stargli vicino.
I futuri papà come affrontano il periodo della gravidanza?
Le donne nei nove mesi di gravidanza fanno esperienza diretta della crescita del bambino, a partire dagli sbalzi ormonali, la conseguente emotività fino alla percezione del cambiamento che sta avvenendo al loro corpo. Vedere e sentire la pancia crescere è l’evento che maggiormente definisce l’arrivo del bambino e la prossima assunzione del ruolo di mamma. In questo percorso gli uomini vivono dall’esterno tutto ciò che le donne sentono in maniera diretta e questo si concretizza in un percorso diverso di preparazione all’assunzione della funzione genitoriale (definita come la capacità di accogliere e farsi carico dei bisogni del bambino e di rispondervi in modo adeguato). Per loro diventa più difficile sentire questo cambiamento e diviene molto importante che partecipino alle visite e ai controlli per concretizzare quanto sta accadendo. In tali momenti sentire il battito del e vederne l’immagine nl monitor è un’esperienza che avvicina gli uomini al ruolo di papà. In questo modo si può “mentalizzare” il bambino per entrare maggiormente in connessione con la gravidanza che la donna vive in modo diretto. Questo processo consente anche di entrare in contatto e sviluppare la propria parte più sensibile ed emotiva, ad esempio commuovendosi durante un’ecografia e sentendo i primi movimenti e i primi calci attraverso la pancia. Si tratta di un percorso di consapevolezza emotiva in cui è utile aiutare gli uomini a riconoscere e nominare le proprie emozioni che si affollano nel loro mondo intrapsichico quando si avvicinano allo status di padri. Momenti unici e molto carichi emotivamente che si pongono come fondamenta nella definizione della figura genitoriale che si andrà ad assumere.
Gli uomini possono talvolta sentirsi esclusi da questo processo che la donna vive direttamente e fa vivere diversamente la connessione con il bambino. La donna fin dalla comunicazione della gravidanza riceve molte attenzioni dal mondo esterno, dalla famiglia e dagli amici che si preoccupano per il suo stato. Il riflettore puntato sulla donna e sulla trasformazione che vive può far vivere all’uomo una sensazione di esclusione dal legame che unisce la mamma e il bambino fin dalla gravidanza. Tale sensazione potrà aumentare con la nascita del bambino, al quale la madre dedicherà tutte le sue attenzioni soprattutto nei primi momenti e per l’inizio dell’allattamento. Ma in tutto questo il padre non è in secondo piano! È importante non sottovalutare e sminuire la preoccupazione dei papà, la paura di non farcela, di non essere all’altezza del compito e tutte quelle sensazioni che possono portare ad un abbassamento dell’autostima e del senso di autoefficacia. Si tratta di difficoltà connesse alla responsabilità della nuova vita e di quanto questa possa far scaturire senso di inadeguatezza. Accanto ai padri spesso si crea un “deserto relazionale” in quanto difficilmente le persone accanto a lui si accorgono dei cambiamenti che sta vivendo. La nascita del bambino determina anche la nascita del papà, con i cambiamenti nel senso di sé, nello stile di vita, nei ruoli sociali e nelle prospettive personali e di coppia che questo comporta. Questo senso di esclusione si ripercuote anche sull’ambito lavorativo, in quanto se la mamma ha accesso alla maternità il papà si trova più in difficoltà a prendersi dei giorni da dedicare interamente alla famiglia.
Come viene affrontata la paternità dal punto di vista lavorativo?
Etimologicamente il termine padre significa “quei che protegge, ovvero che nutre, che mantiene e che sostiene la famiglia”, concetto che rispecchia anche il ruolo che il padre aveva nel modello familiare di tipo patriarcale. Era suo il ruolo di capofamiglia che si occupava degli aspetti economici e decisionali, mentre la donna si occupava della casa e della cura dei figli. Sulla scorta di questa concezione non era nemmeno possibile pensare ad un padre che supporta e divide i compiti di cura e crescita del bambino con la madre.
Al giorno d’oggi lo scenario è cambiato e l’uomo è attivamente coinvolto nella vita dei bambini, supportando la madre nei compiti di accudimento e gestione della casa. Attualmente i padri possono aver accesso al congedo di paternità obbligatorio, il quale conta un massimo di 10 giorni da prendere entro il compimento del quinto mese del bambino. Si pone come una tempistica inferiore a quella della madre, la quale si occuperà per la maggior parte del tempo del bambino finché il papà sarà a lavoro. Infatti, sarà importante per i papà sfruttare i momenti del rientro a casa dal lavoro per stare con il bambino e occuparsi di lui finché la mamma può occuparsi di altro. Si tratta di nuovi equilibri che la coppia genitoriale dovrà definire nel tempo per non escludere il padre dal compito educativo dei bambini. Negli ultimi anni, infatti, è cambiata la concezione rispetto al ruolo di mamma e papà nella crescita dei figli e si è visto quanto sia importante che anche il padre partecipi attivamente all’educazione dei figli. In tal senso, viene meno un completo carico del ruolo educativo alla madre e una maggiore partecipazione del padre in tutti gli ambiti della vita dei bambini. Il padre deve far sentire la propria presenza sia fisica che emotiva creando un rapporto empatico con il figlio, entrando in contatto con le emozioni e le esigenze primarie che il piccolo vive e manifesta, sapendole cogliere e rispondervi in maniera puntuale e adeguata. Se, ad esempio, i papà svolgono un lavoro che li tiene per quasi tutta la giornata fuori casa è importante organizzare il rientro a casa considerando di dedicare del tempo al bambino, per giocare con lui, ascoltarlo e farlo sentire considerato. È molto importante che il bambino non si senta invisibile agli occhi del papà, sentendosi al secondo posto rispetto al lavoro ma che venga considerato anche per i suoi bisogni emotivi. Se il lavoro richiede anche di spostarsi per delle trasferte, il bambino non deve sentire completamente la distanza ed è importante che possa sentire il papà almeno telefonicamente. La partecipazione alla vita scolastica e alle attività sportive dei bambini risulta un altro modo per far sentire al bambino che il papà è partecipe in modo attivo alla sua crescita e se ne fa carico. Ascoltare il bambino nelle sue preoccupazioni e i suoi bisogni non è più visto solo come un compito della madre, ma risulta importante che anche il papà si occupi di questi aspetti. Per questo si parla di interscambiabilità dei ruoli dei genitori, ovvero il saper assumere di volta in volta ruoli diversi e complementari, in modalità non rigida, funzionali alla collaborazione e al sostegno reciproco. Per cui se la mamma si occupa dell’accompagnamento all’asilo del bambino il papà potrà andarlo a riprendere, se la mamma prepara la pappa il papà potrà fare il bagnetto in modo che ognuno abbia un ruolo nello sviluppo del figlio.
Si lascia il link di un cortometraggio per entrare maggiormente nel merito del rapporto empatico e dell’importanza dell’attenzione ai bisogni del figlio della figura paterna: