L’articolo dello psicoanalista milanese Massimo Recalcati, comparso su “La Repubblica” in data 12 aprile 2020, tratteggia un’immaginaria curva dell’angoscia quale vissuto comune in risposta alla diffusione del Coronavirus, delle incertezze e del dolore che ha causato. Inizialmente l’”angoscia persecutoria”, esperita a partire dall’ isolamento domiciliare e caratterizzata da un alto grado di allerta (“il contagio è dappertutto”), ha comportato il vissuto dei propri simili quali potenziali fonti di pericolo. Successivamente da questo trauma collettivo si è ingenerato un diffuso, seppur breve, senso di solidarietà nazionale. In un terzo momento la paura per il rischio di essere contagiati e la frustrazione per la privazione della propria libertà ha ceduto il passo ad un malessere collettivo, una sorta di lutto in cui il mondo e la vita a cui eravamo abituati pareva essere l’oggetto perduto definitivamente. L’attuale angoscia, affrancatici dai giorni della reclusione, è legata alla consapevolezza di una necessaria e prolungata convivenza con il virus; giovani e anziani, per ragioni esplorate nel testo, rappresentano le fasce di popolazione più vulnerabili a tale sofferenza.
“Non potremmo più essere quello che siamo stati, ma non sappiamo bene ancora cosa potremmo diventare”, questa, secondo l’autore, è la terra di mezzo che stiamo attraversando, la dura prova di realtà che il post-emergenza ci impone di affrontare, con “coraggio, nella paura”.
Link: https://www.massimorecalcati.it/images/La_Repubblica_-_La_curva_dellangoscia_-_Massimo_Recalcati.pdf
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