
La psicologia dell’emergenza e la percezione del pericolo della guerra
“Quella guerra in cui vivevo rifugiato, convinto di avercela accettata,
di essermene fatta una pace scontrosa, inferociva, mordeva più a fondo,
giungeva ai nervi e nel cervello”
Cesare Pavese
Nelle ultime settimane le notizie della guerra in Ucraina occupano buona parte degli spazi di comunicazione: telegiornali, giornali, radio, siti e social network trasmettono immagini e racconti. Si tratta di un evento che si inserisce in uno scenario già reso incerto dal protrarsi della pandemia che ha cambiato il modo di stare in relazione alla quale le persone erano abituate. Che cosa ha generato, nelle popolazioni distanti da quelle regioni, lo scoppio di questa guerra?
Si tratta di un evento che può essere definito traumatico in quanto irrompe nella quotidianità alla quale si è abituati e avvicina a tematiche fino a quel momento considerate distanti. Trauma deriva dal latino “traùma” che significa ferita. Entrando maggiormente nell’etimo del termine si può notare che è costituito dalla radice trò – forare, separare, spezzare e interrompere. In questo senso la guerra in Ucraina si è posta come una sospensione della percezione di vivere “al sicuro” aprendo la strada a domande e dubbi che prima non si erano contemplati e che ora riecheggiano nella mente di molti.
➢ Cosa succede se attaccano l’Italia?
➢ Quali conseguenze ha lo scoppio della bomba atomica?
➢ Come farei a separarmi dal mio compagno/papà/ figlio se dovesse arruolarsi?
➢ Che ne sarà dei ricordi di una vita se dovessi lasciare la mia casa?
Questi sono alcuni esempi di domande che possono sorgere dalla preoccupazione che il conflitto si estenda altre i confini in cui si svolge attualmente. L’incertezza rispetto agli eventi che possono accadere e che potrebbero causare un radicale cambiamento nella vita individuale e collettiva, espone le persone a vivere queste notizie con ansia e paura per il futuro. L’ansia viene definita come uno stato di attivazione causato dalla percezione di una minaccia che può non essere tangibile e condivisa. Tale stato può manifestarsi in modo anticipato rispetto ad un possibile pericolo e può durare anche in assenza di una reale minaccia. La paura, invece, si definisce come reazione ad un pericolo reale e cessa nel momento in cui non si è più esposti a quel pericolo. Si tratta di stati che se protratti per lunghi periodi possono generare uno stato di sofferenza nelle persone che si trovano in difficoltà a gestire il flusso di notizie sulla guerra che viene ogni giorno diffuso, lasciandosi sopraffare.
In tal senso, la “percezione del pericolo” (Sbattella, 2016) di poter vivere la medesima situazione che sta vivendo il popolo ucraino può inserirsi intrusivamente nella quotidianità delle persone e creare delle difficoltà che possono essere gestite grazie al supporto psicologico.
Sulla scorta della necessità di supportare le persone che vivono situazioni traumatiche e di emergenza si è fondata 1997 la psicologia dell’emergenza, un settore della psicologia che applica le conoscenze psicologiche a situazioni stressanti che mettono in crisi le abitudini quotidiane delle persone. Si occupa della comprensione dei processi psicologici attivati da tali condizioni fuori dall’ordinario contesto di vita, nonché i loro esiti immediati e nel lungo termine che incidono sulle capacità di adattamento e sul benessere delle persone e delle loro comunità di appartenenza.
Questo in quanto l’uomo si trova maggiormente in difficoltà a adattarsi al cambiamento quando diversi aspetti del mondo in cui vive iniziano a cambiare e vi è una messa in discussione delle certezze. Infatti, L’American Psychological Association sostiene che un individuo si trova in uno “stato di emergenza” (APA, 2013) quando percepisce che la propria vita, o quella delle persone a sé più vicine, è a rischio con la possibilità che vi sia un cambiamento radicale della vita.
La psicologia dell’emergenza si rivolge ad un target di soggetti in prevalenza non patologici o affetti da specifici disturbi, bensì sono individui che sperimentano una serie di reazioni che provocano una sofferenza psichica, definibile come una normale risposta all’esposizione ad un evento eccezionale che minaccia il senso di continuità dell’esistenza. Negli ultimi anni ha implementato gli interventi per differenti professionisti (medici, infermieri, operatori del 118, educatori, ecc.) e attori istituzionali (le forze dell’ordine, i vigili del fuoco, i militari, la polizia di stato, la Croce Rossa, la protezione civile, ecc.) e organizzazioni di volontari che si trovano a intervenire in situazioni di emergenza.
Si tratta di un settore della psicologia che attualmente è molto attivo per offrire il supporto necessario a chiunque si senta in difficoltà ad affrontare le sensazioni di impotenza, ansia, paura e disorientamento e per ritrovare l’equilibrio perduto per la percezione del pericolo della guerra.
Bibliografia:
American Psychiatric Association. Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing, 2013. Edizione italiana: Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Milano: Raffaello Cortina, 2014.
Friedman M.J., Ford J.D., Gusman F.D., Ruzek J.I., Young B.H., (2002), L’ assistenza psicologica nelle emergenze. Manuale per operatori e organizzazioni nei disastri e nelle calamità, Trento, Erikson.
Iacolino, C., Cervellione, B. (2019). La psicologia dell’emergenza: lo stato della ricerca empirica. In Narrare i Gruppi, vol. 14, n° 2, dicembre 2019, pp. 287-293
Pavese C. (1948) La casa in collina, Torino, Einaudi.
Sbattella F. (2016) Persone scomparse. Aspetti psicologici dell’attesa e della ricerca, Milano, FrancoAngeli.
Turchi G.P., Celleghin E., (2010) λόγοι dialoghi di e su Psicologia delle differenze culturali e clinica della devianza come occasione peripatetica per un’agorà delle politiche sociali, Padova, Domeneghini editore