Omaggio all’Ottobre Rosa: tumore al seno, prevenzione e sfaccettature del prendersi cura di sè


Una donna si trova sola nel momento in cui, palpando il suo seno, casualmente o volutamente i suoi polpastrelli o quelli del medico trasmettono alla sua mente un messaggio allarmante.

“ NO, non è possibile, proprio a me! Forse però non è il caso di drammatizzare, ci dormo sopra e domani scoprirò che è solo spavento, che nulla di grave toccherà il mio seno, è solo il mio umore che mi fa pensare al peggio, me lo dirà anche il medico e mi tranquillizzerà.”

Un turbinio di pensieri affolla ora la sua mente.

“Non sono poi stata tanto valida nella mia vita, ho commesso molti errori, ma questo castigo no, non me lo merito!…e poi, però, se fosse proprio un castigo o una prova di forza? Mi voglio comportare bene, sono una persona adulta, matura, magari piena di difetti, ma in realtà non o fatto del male a nessuno… Eppure la Nadia è stata tanto male, poi è guarita, e la zia, la zia era spacciata ed è vissuta ancora tredici anni, e Carla? Lei è morta. Chissà se ha sofferto…”. 

Innumerevoli preoccupazioni e scrupoli nascono e vengono a galla nel momento della resa dei conti con noi stessi… .

(Burrone & Maccarini, 1993, pag. 8 – 9, corsivo aggiunto).

Fra tutte le malattie oncologiche, il tumore al seno è ad oggi quello più frequente nella popolazione femminile. Ogni anno sono molte le donne che, con grande coraggio, affrontano e sempre più spesso vincono questa grande sfida che la vita presenta loro, affiancate da medici, infermieri, psicologi, ricercatori e volontari. Non solo per queste donne, ma per TUTTE le donne, il mese di Ottobre da diversi anni “si tinge di rosa”, all’insegna di una campagna internazionale impegnata a diffondere una cultura di prevenzione di questa patologia: una diagnosi precoce, può infatti fare la differenza.

Forse non è cosa nota, ma il tumore fa parte della storia dell’uomo da sempre (Ravasi, 2002): pare sia stato scoperto un carcinoma osseo analizzando addirittura lo scheletro di un dinosauro (!), ne sono state riscontrate tracce in una mummia egizia e si sa per certo che fosse una patologia nota ai greci ancor prima di Ippocrate. Da alcuni racconti di Erodoto, sembra infatti che il medico greco Demochede, della corte del re persiano Dario, avrebbe guarito proprio da un tumore mammario la sua sposa Atossa. Si deve tuttavia proprio ad Ippocrate il termine “carcinoma”: “càrcinos” in greco significa “granchio“, termine con cui si voleva indicare la caratteristica infiltrativa di tale patologia e la sua capacità di aggressione nei confronti delle cellule circostanti: osservando le cellule neoplastiche nel corso della loro moltiplicazione, si può notare infatti come queste formino propaggini che avvinghiano le cellule normali vicine distruggendole, così come fa il crostaceo grazie alle sue chele nei confronti della preda.

Nonostante la sua storia antica, è rimasta tuttavia per molto tempo una malattia poco conosciuta e quindi misteriosa, capace di scatenare in questo modo timori di contagio non solo fisici ma – in passato – anche morali, divenendo spesso non solo la malattia che una persona “aveva” ma anche qualcosa che definiva la persona stessa (definizione ovviamente negativa poiché erano molti i significati negativi ad essa collegati). 

Tutt’oggi, nonostante i progressi della medicina, una diagnosi di questo tipo resta evocatrice di profonde paure, un momento in cui si è costretti a fermarsi e a confrontarsi con se stessi, aprendoun varco al pensiero della morte, facendo uscire il corpo dal “silenzio” e portandoloprepotentemente al centro della scena. Si tratta di un corpo che prima della malattia era stato un po’ rimosso, spesso non ascoltato o usato solo come “corpo macchina”, un corpo vissuto attraverso modelli estetici storicamente determinati, “piegato alle esigenze del ciclo di vita del soggetto, indagato dalla scienza medica come un corpo anatomico” (Tromellini, 2002), un corpo che ora, attraverso la malattia, ora parla, impaziente di essere ascoltato. Il senso di confusione dopo una diagnosi di cancro è stato spesso paragonato addirittura ai secondi successivi ad una scossa di terremoto. 

Inoltre, le malattie oncologiche come il tumore alla mammella sono forse quelle che portano con sé tra gli effetti più devastanti per la persona, sia per il forte impatto che hanno sul corpo – volendo intendere qui sia “corpo” come “fisicità” (Korper) che come “corpo vissuto”(Leib) (Borgna, 2006) -sia per quanto riguarda gli intensi sentimenti che mobilitano. 

Se poi pensiamo come fin dai tempi più antichi il seno sia sempre stato considerato un simbolo molto importante, connesso in genere sia alla femminilità che alla fertilità, è semplice intuire comeogni intervento che ne modifichi l’aspetto possa alterare la percezione che la donna ha di sé, dell’integrità del proprio corpo, fino ad influenzare o inibire le relazioni con gli altri, spesso con importanti ricadute sul piano psico – emotivo. Molti disagi psicologici che emergono nelle donne operate di carcinoma al seno, che talvolta si possono manifestare con sintomi propri di stati ansiosi e depressivi, possono essere infatti in parte letti e compresi in termini di “reazione ad una perdita” (Barraclough, 2000). Ciò che viene compromesso è, infatti, il senso d’integrità del Sé di queste donne, le quali spesso si descrivono come “divise a metà”, una sana e una malata, oppure faccia a faccia con la privazione forzata di qualcosa per loro fondamentale nel sentirsi donne, mogli, madri. 

Ciò che sembra lasciare spesso un segno profondo, nel corpo e nella mente, non è comunque “solo”la diagnosi di tumore, oppure l’operazione di per sé o ancora le terapie successive che possono rendersi necessarie (con ulteriori ricadute sul piano psico-fisico), bensì l’intera esperienza, la quale ha interessato, coinvolto (ed a volte stravolto) la vita di queste donne.

La necessità che spesso emerge, quindi, non è solo quella di essere curate al meglio nel Korper , ma anche quella di essere sostenute umanamente, accompagnate ad affrontare il profondo cambiamento che ci si trova davanti.

In estrema sintesi, citando Ballerini (2009), si può dire che dopo un “primo tempo” di cura in cui si affronta e si combatte la neoplasia prettamente attraverso l’intervento e le terapie successive, arriva un secondo momento in cui il concetto di cura cambia: se prima si è curata (prevalentemente) la malattia, ora si deve curare lo stato, completo o parziale, di salute. “Cura” quindi nel senso di “prendersi cura” di sé, di favorire condizioni che permettano di riaprire gli orizzonti, di tornare a pensare il tempo come fonte di beneficio, facendo ripartire le lancette di quell’orologio della vita che si era bloccato con una martellata violenta arrivata al momento della diagnosi. In ultima analisi, è il momento, per ogni donna, di riappropriarsi della propria vita tornando ad essere attiva, protagonista della sua storia, capace di costruire ancora qualcosa di nuovo per se stessa nel suo presente. 

In questo Ottobre Rosa, un messaggio importante che dovrebbe coinvolgere ed unire tutte le donne è che anche “PREVENZIONE significa prima di tutto PRENDERSI CURA DI SÉ, diventare promotrici della propria salute e del proprio benessere e che, affinché risulti efficace e possa davvero fare la differenza, la diagnosi precoce va effettuata con regolarità, diventando parte integrante della vita di ognuna. 

Bibliografia

Ballerini, L. (2009). Lavoro e cronicità oncologica, in Lilt (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori), Atti del Corso di Formazione per lo Sportello Oncologico, Ordine Provinciale di Roma dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Roma, 8 ottobre 2009

Barraclough, J. (2000). Cancer and emotion. A pratical guide to Psycho – Oncology. Third edition, London: Wiley J. & Sons Ltd

Borgna, E. (2006). I conflitti del conoscere. Milano: Feltrinelli

Burrone, A., & Maccarini, G. (1993). Il gusto di vivere. Milano: Mondadori

Ravasi, G. (2002). Aspetti storici dell’approccio al cancro. In AA.VV., Psiconcologia Milano: Masson

Tromellini, C. (2002). L’adulto. In AA.VV., Psiconcologia, Milano: Masson

Link: https://www.lilt.it/notizie/comunicati-stampa/2022/lilt-women-2022-campagna-nastro-rosa