
Rabbia: componenti cognitive e comportamentali di un’emozione temuta
A tutti sarà capitato di litigare con qualcuno.
Se ti chiedessi di pensare all’ultimo litigio, con molta probabilità ti verrà in mente una situazione dai toni accessi, mani frementi e piedi scalpitanti, dita puntate e una tendenza all’azione, possibilmente distruttiva. Forse anche adesso che ci hai pensato senti quel brivido lungo la schiena e forse il cuore ha incominciato a battere più forte.
Niente paura, è tutto normale: è la RABBIA una delle 5 emozioni di base (Ekman, 1979). E’ tra le emozioni più precoci insieme alla gioia e alla tristezza, mentre con Disgusto e Disprezzo rappresenta la triade dell’ostilità (Piccione, Nigro, 2010).
La rabbia, come le altre emozioni primarie, per essere scatenata necessita di un trigger, uno stimolo; secondo le teorie cognitive questo trigger sta nel pensiero: Cosa mi è passato nella testa un attimo prima di sentire il fuoco della rabbia ardere dentro di me?
Tendenzialmente, la rabbia corrisponde alla convinzione di aver ricevuto un danno, un’invasione di campo, un’ingiustizia, impedendoci di raggiungere un obiettivo.
Non è difficile immaginare come convinzioni di ingiustizia possano svilupparsi nell’ambito delle relazioni conflittuali. Quante volte vi sarà capitato di pensare che quel gesto di quella persona è la goccia che ha fatto traboccare il vaso? Un insieme di situazioni precedenti che si sono accumulate perché affrontate in maniera inefficace, sopportate, ignorate o subite (W. Smith, 2017).
Ogni persona ha una soglia di sopportazione diversa e risponde a stimoli differenti in base alla propria storia di vita, ma a livello evolutivo (quindi universale) ciascuno di noi risponde alla rabbia facendo confluire tutte le nostre energie per rimuovere la minaccia con un comportamento “distruttivo” che ha l’obiettivo di “vincere” una lotta a discapito dell’altro.
Come gestire questo impulso all’azione?
Alcuni pensano che sfogare di tanto in tanto la rabbia verso degli stimoli neutri (rompere i piatti, spezzare una matita, tirare pugni ad un sacco da box) possa “scaricare” la rabbia accumulata. Un interessante studio dell’Ohio State University ha dimostrato che coloro che sfogano questa emozione con un gesto aggressivo accumulino una quantità maggiore di rabbia a differenza di chi semplicemente aspetta che passi (Koop, Lundberg, 1992).
Questo dato è interessante ma effettivamente non rivoluzionario, sappiamo che le emozioni sono transitorie per definizione (Schachter, Singer, 1962).
Quindi come si fa ad aspettare che l’emozioni passi? Se riusciamo a superare l’impulso immediato di scagliarci in modo distruttivo contro l’ostacolo, emerge che la modalità più efficace per affrontare la rabbia sia cercare di prendere contatto con i segnali che in nostro corpo ci sta inviando e sfruttare questa energia per un cambiamento positivo (Apparigliato, Lissandron, 2010).
Insieme al tuo psicologo puoi imparare a riconoscere i segnali fisici e cognitivi della rabbia, controllarli e sfruttarli al meglio attraverso esercizi di mindfullness o di terapia dialettica.
Bibliografia:
Apparigliato, M., Lissandron, S., (2010) La cura delle emozioni in Terapia Cognitiva, Alpes, Roma.
Ekman, P., Oster, H. (1979), Facial expression of emotion, Annual Review of Psychology, 30, 527-554.
Koop, C.E., Lundberg, G.D. (1992), Violence in America: A public health emergency, Journal of the American Medical Assosiation, 267, 3075-3076.
Piccione G, Nigro, N (2010), La Rabbia, in La cura delle emozioni in Terapia Cognitiva, pp. 101-122.
Schachter, S., Singer, J.E. (1962) Cognitive, social and psychological determinants of emotional state, Psychological Review, 63, 379-99.
Smith W. T. (2015) The book of human emotions. An Encyclopedia of feeling from ander to wonderlust, UTET