Tra selfie, oversharing e F.O.M.O.: bisogno di visibilità o timore di essere invisibili?

Il desiderio d’estimità consiste nel mostrare dei frammenti della propria intimità

di cui noi stessi ignoriamo il valore,

a rischio di provocare il disinteresse od anche il rigetto negli interlocutori,

ma con la speranza che il loro sguardo

ne riconosca il valore e lo renda tale ai nostri occhi

                                                                                                                      – S. Tisseron

Da quando siamo piccoli, uno dei bisogni fondamentali che come esseri umani ci caratterizza è quello di essere “visti“, riconosciuti dagli altri e, di diretta conseguenza, (possibilmente) apprezzati ed approvati per le persone che siamo. 

Si tratta di un bisogno intimo ed esistenziale, basilare per la costruzione dell’autostima personale,che a volte porta a comportarsi anche in modi eccessivi o socialmente disapprovabili pur di essere considerati. Un chiaro esempio di questi aspetti lo si può ottenere osservando il comportamento di molti bambini, che spesso escogitano, più o meno consapevolmente, le più colorite marachelle pur di recuperare l’attenzione di chi si prende cura di loro: meglio essere sgridati, che non essere visti affatto. Questa ricerca di attenzione non va quindi banalizzata o etichettata in termini di “capricci”, poiché spesso cela appunto la profonda necessità di essere visti, ossia considerati, dall’Altro. 

Nel corso della crescita, la ricerca di soddisfazione ai bisogni di riconoscimento e d’approvazione si sposta e si amplia, guardando non solo alle figure di accudimento, ma lasciando altresì spazio all’area più allargata dei rapporti sociali, relazioni che oggi passano in misura considerevole anche attraverso la dimensione digitale, con le sue specifiche caratteristiche e peculiarità.

Con un post si ha la possibilità di presentarsi agli altri in modo controllato, scegliendo di volta in volta cosa mostrare e come comunicare, al fine, spesso, di ottenere appunto dei “Like”, ossia molti rapidi rinforzi positivi (a basso rischio – percepito – di fallimento). 

Di per sé la ricerca di approvazione e di “piacere” agli altri, come si è detto, è per così dire “sana e fisiologica” (volendo usare una metafora che appartiene più all’ambito biologico che puramente psicologico); tuttavia quei Like, che ben soddisfano nell’immediato il bisogno di “essere visti”, non necessariamente sono gratificazione autentica del più profondo e sottostante bisogno di essere considerati.

Sono molti gli adolescenti (ma non solo!) che, forse un po’ come nelle citate “esagerazioni” dell’infanzia, affannandosi nella ricerca di apparire sui Social sembrano inseguire questi bisogni – che qualcuno definirebbe “narcisistici” – di riconoscimento e approvazione sociale, mostrando talvolta un benessere ed una felicità che in molti casi nasconde altro. 

Una modalità nota per fare questo è l’uso del Selfie, un autoscatto in genere condiviso nel momento in cui lo si ritiene bello e “degno”, in modo che poi, grazie ai like e ai commenti positivi, possa confermare l’immagine e l’idea che si vuole dare si sé. Poco importa se la fotografia viene semprecorretta con i più recenti filtri. 

Un’altra prassi che s’incontra frequentemente è l’oversharing, ossia un eccesso di condivisioni in cui viene messo in mostra e postato tutto ciò che si fa, pubblico o privato che sia. Uno studio recente – citato anche nell’interessante articolo di approfondimento al link in calce – sembra dimostrare che il piacere di parlare di sé agli altri che si ottiene con questa modalità, sia molto simile a quello “primario”, intrinseco al cibo e al sesso, e di conseguenza molto potente.

A prima vista agli antipodi, ma forse con più di qualche aspetto in comune alla base, troviamo infine una forma d’ansia sociale ancora poco indagata in Italia, che parla dell’intenso desiderio di restare in continuo contatto con ciò che succede, ciò che fanno gli amici, i parenti e i conoscenti, per paura di restare “tagliati fuori” da qualcosa d’importante: per quanto non si tratti di una patologia riconosciuta a livello clinico, si inizia a parlare in questi casi di F.O.M.O. (Fear Of Missing Out). A differenza di quanto succede, ad esempio, nell’oversharing, quello che viene messo in atto è un continuo controllo di ciò che viene postato dagli altri, un sentirsi costretti a restare sempre connessi (con un investimento notevole in termini di tempo), per timore di restare soli…ma rimanendo di fatto tali, impegnanti nell’apparente senso di compagnia che i Social forniscono. Anche in questi casi, si può dire che alla base ci sia un bisogno di “essere visti”, mascherato tuttavia da timore di restare invisibili agli occhi degli altri.

Oltre al già citato articolo, per approfondire altre sfaccettature di questi temi tanto complessi quanto attuali, si riporta il link di un bellissimo volume consigliato all’interno della Libreria Terapeutica: “Volevo solo avere tanti Like. La paura di essere diversi”.

Link: www.stateofmind.it/2019/03/narcisismo-patologie-iperconnessione/

www.caremindstudio.com/beatrice-bellini-volevo-solo-avere-tanti-like/